Masala, la farmacia in tavola

Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista Yoga Journal Italia, per la rubrica di Swami Joythimayananda dal titolo Laboratorio di Ayurveda.

Aromi e spezie sono alla base dell’alimentazione ayurvedica, quando si entra in una cucina indiana è facile rimanere ammaliati da profumi e colori. Uno dei protagonisti di questa affascinante tradizione è il Masala, una mistura di erbe, aromi e spezie, che contiene tutti i sei rasa (gusti) codificati dalla tradizione ayurvedica (dolce-amaro, aspro-astringente, salato-pungente), con una predominanza di gusto pungente, astringente e amaro, che penetrano profondamente in ogni cellula e contribuiscono a riequilibrare agni (il “fuoco gastrico”), favorendo il benessere generale del corpo.
Le differenti componenti del Masala assumono un valore terapeutico solamente se miscelate insieme: è questo un concetto chiave della medicina ayurvedica, chiamato in sanscrito sam-yoga, cioè “giusta unione”. Un alimento, infatti, può cambiare il suo effetto in base alle sostanze che lo accompagnano. Gli ingredienti del Masala, per esempio, mescolati in proporzioni diverse, sono utilizzati anche nel Rasam, un aperitivo che stimola l’appetito, mentre assunti nelle dosi presenti nel Masala hanno tra le principali caratteristiche quella di favorire la buona digestione.
Ma i benefici di questo prodotto tradizionale sono molteplici: consumato regolarmente, previene l’accumulo di grasso e tossine, agisce come anticoagulante, favorisce la circolazione sanguigna, riduce il colesterolo, aiuta a espellere le tossine, agisce nel tratto intestinale come antibiotico eliminando i batteri nocivi, dona uno stato di benessere interiore determinando un senso di allerta e prontezza nella nostra mente.
L’utilizzo costante del Masala nella dieta è un ottimo rimedio anche contro problemi alla prostata, in quanto le spezie contenute all’interno di questo preparato contribuiscono a purificare l’urina.
È preferibile aggiungere il composto a metà cottura, in modo che possa essere assorbito dagli alimenti e risultare più digeribile. Un cucchiaino di polvere, o più secondo i gusti, può bastare a insaporire qualsiasi tipo di piatto: salsa, riso, pasta, minestre, ma anche carne o pesce.
Si consiglia di utilizzare con frequenza il prodotto perché, se preparato a dovere con ingredienti esclusivamente naturali, nell’arco di un anno circa la sua qualità terapeutica tende a perdere efficacia, anche se il sapore all’apparenza rimane intatto.

Il curry indiano
La parola curry, importata in occidente dagli inglesi durante la colonizzazione dell’India, deriva dal Tamil kari, il nome indiano della Murraya koenigii che sta a indicare anche genericamente una “salsa” o un “sugo” a base di verdura, carne, pesce o altro.
In Europa con la parola “curry” si intende spesso erroneamente il Masala. Il malinteso è dovuto al fatto che la miscela “curry” che troviamo generalmente nei supermercati occidentali contiene alcune delle spezie presenti anche all’interno del Masala tradizionale, come per esempio cumino e coriandolo.
Tuttavia, la preparazione del Masala è molto più complessa e include, tra gli altri ingredienti, pepe nero, cannella, curcuma, chiodi di garofano, zenzero, noce moscata, fieno greco, foglie di kari appunto (il più noto Murraya koenigii), e peperoncino.

Siamo ciò che mangiamo
Il Masala è a tutti gli effetti un ritrovato della medicina ayurvedica, che individua nell’alimentazione una delle principali forme di cura del nostro organismo. L’Ayurveda considera infatti il cibo e le spezie come sostanze medicinali attribuendo a una buona digestione un valore indicativo della salute del corpo, poiché una corretta assimilazione riduce l’accumulo di tossine che possono causare malattie.
L’alimentazione ayurvedica è un argomento vasto, che tiene conto della costituzione individuale, del valore medicinale delle spezie e della teoria dei rasa (i sei gusti che dovrebbero essere tutti presenti nel pasto principale), attribuendo importanza anche alla qualità e al gusto dei cibi preparati.
Ogni sostanza o alimento, oltre ad avere un gusto specifico, è portatore di un’energia, calda o fredda. Qualche esempio? Il sapore pungente trasmette un’energia calda e ha potere digestivo, è presente nell’aglio, nel pepe (Piper nigrum), nello zenzero e nel pippali (Piper longum L.); il gusto astringente ha un’energia fredda, digestiva, ed è contenuto in quei cibi che tendono a contrarre l’intestino, diminuendo l’appetito, come lo yogurt magro; il gusto amaro sprigiona energia fredda e conduce psicologicamente al distacco – assunto in giusta dose è essenziale per l’organismo – una verdura ottima da questo punto di vista è il cardo.